Hannah Arendt: Le origini del totalitarismo. Torino 1999. di: Malte Göbel, studente erasmus,
Pubblicato per la prima volta nel 1951 negli Stati Uniti sotto il titolo "The Origins of Totalitarianism", "Le origini del totalitarismo" è considerato il capolavoro della filosofa Hannah Arendt (1906-75). Nata ad Hannover in una famiglia ebrea integrata e socialdemocratica, Arendt studia filosofia con Martin Heidegger e Karl Jaspers ed emigra a Parigi poco dopo la conquista del potere nazista. A Parigi stringe un'amicizia con Walter Benjamin e lavora per una organizzazione sionista. Nel 1941 viene internata ma riesce a lasciare la Francia per New York, dove scrive per la rivista tedesca-ebrea "Aufbau". Negli anni seguenti lavora per diverse organizzazioni ebraiche, e dopo aver ricevuto la cittadinanza americana nel 1951 (l'anno della pubblicazione di "Le origini del totalitarismo"), le viene assegnata una cattedra in varie università americane. Nel 1961 riferisce per la rivista "The New Yorker" sul processo contro Adolf Eichmann a Gerusalemme. In seguito pubblica i suoi controversi articoli nel libro "The Banality of Evil", che dipinge Eichmann come uomo mediocre e critica il comportamento dei "Judenraete" durante la seconda guerra mondiale. Denuncia la loro collaborazione con i nazisti alla vigilia dell'Olocausto. Hannah Arendt muore nel 1975 a New York di infarto. Nel suo libro "Le origini del totalitarismo", Hannah Arendt crea e analizza la teoria politica del totalitarismo. Pose due grande tesi. La prima tratta della mera esistenza del fenomeno totalitario: il concetto dello stato totalitario rappresenta una novità senza precedenti nella storia, fondamentalmente diverso dagli stati autoritari nella forma conosciuta come dittatura, dispotismo, tirannide. Fino ad allora, solo due stati sono riusciti a installare un tale sistema: La Germania nazista di Hitler e l'unione sovietica di Stalin.
Il libro è diviso in tre parti, di cui la terza per la definizione e analisi del totalitarismo prende la più grande importanza. Le prime due comunque trattano i pretesti dei fenomeni degli stati totalitari in Europa: l'antisemitismo e l'imperialismo. Essi dimostrano quanto integrato era il razzismo nella civilizazione dell'Europa centrale e occidentale alla fine del 1800 e come l'imperialismo già sperimentava le possibilità di crudeltà e strage.
Hannah Arendt non dà una specifica definizione della parola "totalitarismo". Comunque, derivandolo dalla terza parte del libro, si può dire che uno stato totalitario mira ad ottenere il dominio permanente di ogni singolo individuo in qualsiasi aspetto della vita. Il sistema totalitario non permette una vita privata, e portato all'estremo non permette la spontaneità umana. L'ultimo stadio è trasformare l'uomo in un immutabile identità di reazioni, cose che fu solo alla fine realizzata nei campi di concentramento. La base dello stato totalitario è sempre l'organizzazione delle masse amorfe e isolate. Le masse sono contraddistinte da individui senza patria, senza stato, al bando della legge, indesiderati, economicamente superflui, socialmente gravosi. In Germania, con il crollo del sistema classista e nella atmosfera di sfacelo generale dopo la guerra e la crisi economica mondiale, vasti numeri della popolazione non si sentono più parte dell'ordine conosciuto. Nel processo della disintegrazione politica la gente viene individualizzata e isolata. Una democrazia può solo funzionare quando i cittadini appartengono a gruppi determinati, le masse invece non si inseriscono in organizzazioni basate sulla comunanza di interessi, a causa di entità numerica o indifferenza verso gli affari pubblici. In Russia le masse, al contrario che in Germania, non esistono ancora quando Stalin assume il potere. Stalin le crea con la distruzione delle classi e delle nazionalità: liquidazioni delle classi possidenti e centralizzazione della burocrazia. Nella loro mancanza di fede in un giudizio finale (aver perso paura e speranza), le masse disorganizzate e amorfe sono attratte da ogni sforzo che sembra promettere un'instaurazione del paradiso sognato e dell'inferno temuto, che riesce a creare un mondo fittizio per le masse che non si sentono più rappresentate nel mondo reale. Detto in un altro modo, il risultato della atomizzazione e della privazione dello status sociale delle masse è una rivolta contro il realismo. Le masse sono disposte ad essere guidate con la propaganda di un movimento totalitario verso un mondo fittizio, creato e determinato da una ideologia che vuole spiegare tutto: il razzismo con le leggi della natura nel caso dei nazisti, il socialismo con le leggi della storia nel caso dei bolsheviki. La propaganda viene attuata per mezzo di minacce velate e indirette contro tutti gli avversari, ma cosa ancora più importante sono le profezie, le predizioni del futuro. Una onnipotenza inventata spiega i fatti come semplici esempi di determinate leggi in una coerenza ideologica: le coincidenze non esistono (per questo Hitler parlava sempre della provvidenza). La finzione creata dalla propaganda diventa la realtà del regime totalitario e già mostra uno degli ultimi obiettivi del totalitarismo: la conquista del mondo per realizzare le sue menzogne e avverare le sue profezie. L'ultimo obiettivo della propaganda totalitaria non è di persuadere, ma di organizzare le masse. Così, il contenuto della propaganda - il mondo fittizio - diventa un elemento della vita quotidiana: la realtà.
L'organizzazione totalitaria vuole tradurre in realtà il tessuto di menzogne, finalmente creare una società in cui i membri agiscono e reagiscono secondo le regole del suo mondo fittizio. Le masse vengono divise in gruppi di simpatizzanti e membri del partito. L'ultimo scopo sarebbe organizzare tutta la popolazione come simpatizzanti. In un'immagine semplice, l'organizzazione totalitaria la possiamo attribuire alla struttura di una cipolla. Al centro si trova l'élite, circondati dai membri normali del partito, circondati dai simpatizzanti, circondati dal mondo estero. Ogni strato della cipolla funziona come un filtro della realtà agli strati vicini.
Il nucleo del movimento totalitario è il capo: infallibile, insostituibile e personificazione di tutti gli elementi del movimento: Il cosiddetto e spesso a Hitler attribuito "principio del capo" non è di per se totalitario. Ogni gerarchia fissa stabilizza il potere e cosi lo limita. Questo viene evitato con il fatto che la gerarchia deve realizzare la volontà del capo, non i suoi ordini. Quindi il capo è insostituibile per il movimento. Tiene i sui subalterni in una dipendenza personale e si identifica con essi (perchè eseguono la sua volontà). Da questo deriva la responsabilità totale del capo. Solo lui sa quel che sta facendo, nessun'altro sarà mai responsabile. Il capo deve impersonare tutti gli strati del movimento. Lui si prende tutta la responsabilità per i crimini commessi dall'élite, il più radicale dei radicali. Allo stesso tempo prende l'onestà, l'innocente respettabilità del più ingenuo simpatizzante. Cosi l'intera organizzazione s'identifica con il capo e dipende da lui. Non la veridicità delle sue parole, ma l'infallibilità delle sue azioni rappresenta la base della struttura.
La struttura dello stato totalitario è caratterizzata da una mancanza della stessa, un'assenza di sistema. A causa anche del suo avvento al potere, quando il movimento totalitario tende a creare una copia del mondo reale, nel partito già esistono tante istituzioni dello stato e della società. Con l'allineamento delle organizzazioni e l'assunzione delle istituzioni statali, essi non vengono incorporati negli organi del partito o vice versa. Invece, nuovo e vecchio apparato coesistono, spesso anche nuovi uffici vengono introdotti - nella moltiplicazione degli uffici, la divisione dell'autorità o coesistenza di un potere reale e uno apparente viene costruito uno stato di confusione su tutti i livelli dello stato totalitario. Questa confusione o mancanza di struttura è il mezzo ideale per il "principio del capo" - l'onnipotente con un monopolio d'informazione - distrugge ogni senso di responsabilità e competenza. Il capo sposta il potere come gli pare e senza annunciarlo. Cosi, se la vera sede del potere rimane un mistero, nessuno può essere sicuro della propria posizione nella gerarchia segreta e si sente direttamente sottomesso alla volontà del capo. L'accostamento di vari poteri concorrenti con autorità simultanea e contrastante rende impossibile l'opposizione e il sabotaggio, indicato anche del fatto della mancanza di rivoluzione di palazzo nei sistemi totalitari conosciuti. (L'attentato del 20 Luglio 1944 era programmato e attuato interamente da non-nazisti.)
Fuori della cipolla totalitaria della gerarchia ufficiale, fuori stato e militare, completamente separata e isolata, agisce la polizia segreta che rappresenta il potere reale nel sistema totalitario, l'esecutivo. In un sistema monopartitico del vecchio stampo grazie alla fusione di partito e stato il potere rimane basato su istituzioni statali di governo e esercito; il partito non possiede più un proprio centro di potere. Il compito della polizia segreta in un sistema totalitario, solo nei primi anni dopo l'assunzione del potere somiglia a quello di un sistema autoritario vecchio. Ma quando l'opposizione politica smette di esistere, non finisce il ruolo dei servizi segreti - anzi, viene aumentato. Dopo l'eleminazione dei nemici reali il terrore diventa l'autentica essenza del regime e comincia la caccia al "nemico oggettivo", determinato dalla ideologia del regime. Il "nemico oggetivo" prende l'idea centrale del pensiero giuridico totalitario, come nemico della razza pura o della natura. Un "delitto possibile" viene attribuito al "nemico oggetivo", che grazie alla sua invenzione nel contesto menzognero del mondo fittizio totalitario sembra logico. La polizia segreta deve essere pronta per la decisione politico di arrestare una certa categoria della popolazione, cioè la determinazione del "nemico oggettivo". Il compito originario della polizia segreta, scoprire gli autori di delitti, non è più attuale e viene preso dal resto della popolazione, quando, grazie all'indottrinazione e l'organizzazione delle masse in organizzazioni di simpatizzanti, viene creato un sistema di spionaggio onnipresente.
Il dominio totale mira ad organizzare gli uomini nella loro infinita pluralità e diversità come se tutti insieme costituissero un unico individuo. Ogni persona viene ridotta ad un'immutabile identità di reazioni. Per assumere questo stato, ci si serve dell'indottrinamento ideologico dell'élite e del terrore assoluto dei Lager (l'applicazione pratica dell'indottrinamento ideologico). I campi di concentramento, eliminando la spontaneità umana e trasformando l'uomo in un oggetto, rappresentano l'idea sociale che guida il potere totalitario. Nella loro peculiare irrealtà e incredibilità rappresentano davvero una coerenza della dottrina in un supersenso ideologico. Come punto piu estremo della irrealtà del mondo menzognero totalitaro, il dominio totale viene realizzato solo nei Lager. Qui viene espresso chiaramente la superfluità degli uomini, viene ucciso l'individualità, vengono prodotti cadaveri viventi al di la di vita e morte. L'apparente inutilità dei campi è in contrasto con la sua indispensabilità per la preservazione del potere del regime totalitario. Tre passi portano al dominio totale.
All'inizio del lavoro di Arendt c'era probabilmente la domanda: come erano possibile i sistemi di Stalin e Hitler? Dove sono le cause, i motivi per le atrocità, per gli stermini, per la Shoah? Hannah Arendt formula una breve risposta alla fine del 13° capitolo quando parla della superfluità degli uomini nei campi di concentramento in particolare, e nella societa totalitaria in generale. "Il tentativo totalitario di rendere superflui gli uomini riflette l'esperienza delle masse moderne, costrette a constatare la loro superfluità su una terra sovrappopolata." (p. 626) Il regime totalitario, basato su una massa atomizzata e individualizzata, fa niente altro che esigere la volontà di questa massa, è un derivato dei desideri moderni.
Quanto impensabile sembra l'installazione di un nuovo regime totalitario in un paese del mondo presente, tanto interessante è cercare tracce e elementi totalitari in altri stati della storia e anche del presente. Come dice Hannah Arendt, un regime totalitario può solo esistere in un paese con una grande popolazione, una sovrabbondanza di masse umane sacrificabili senza disastrosi effetti demografici. Nei piccoli paesi europei dopo la prima guerra mondiale, movimenti totalitari conquistavano il potere, ma si trovavano limitati nei confini del proprio paese e costretti a una certa moderazione di vecchio stampo. Anche per la Germania, il paese più popolato d'Europa, era indispensabile conquistare nuovi territori nel'est con enormi masse umane per instaurare un regime veramente totalitario. Quindi, anche nel presente non esistono tanti paesi con una sovrabbondanza di masse: gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, l'India.
Giocando con le definizioni ed elementi di un sistema totalitario, è interessante analizzare la chiesa cattolica in rispetto al suo totalitarismo. Evidente è l'esistenza di un capo infallibile, il papa. Indiscutibile anche l'organizzazione internazionale con agenti in ogni paese, i preti. L'esistenza di una élite, i preti e le suore/i monaci. I conventi funzionano come scuole per l'indottrinamento, oppure, guardato da un altro punto di vista, come laboratori per la verifica della pretesa di dominio assoluto sull'uomo, constringendo i monaci a lavoro coatto. E almeno nei tempi medievali, esistevano "nemici oggettivi" per la chiesa: ebrei, musulmani, cristiani ortodossi fuori della chiesa, donne (streghe), omosessuali (stregoni) all'interno di esso.
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